Il mobbing

Il mobbing

Il termine MOBBING deriva dall’inglese “to mob”, ovvero “accerchiare qualcuno, assalirlo con intenti ostili e bellicosi”. Il primo a parlare di mobbing fu l’etologo Lorenz, descrivendo il comportamento aggressivo di alcune specie di uccelli per escludere dal gruppo un loro simile.

Mobbing indica quindi una situazione di forte disagio, caratterizzata da atti offensivi e persecutori che proseguono nel tempo, una forma di maltrattamento subita sistematicamente nel contesto lavorativo e tale da determinare un disturbo psicofisico anche grave nel lavoratore vittima di tale situazione.

Il mobbing può essere provocato da uno o più superiori (mobbing verticale o bossing), o da colleghi (mobbing orizzontale) che, consapevolmente o meno, tendono a demotivare, umiliare, emarginare il lavoratore o addirittura spingerlo ad un’ auto esclusione o dimissione.

A  volte in modo scoperto ed evidente, ma più spesso con modalità ambigue e poco appariscenti, i mobbers possono agire attraverso azioni quali:

  • Demansionamento e assegnazione di compiti umilianti 
  • Esclusione dai flussi informativi e dai momenti collettivi (riunioni etc) più salienti 
  • Critiche continue, o vaghe, o infondate, o formulate in modo da creare discredito 
  • Induzione di comportamenti servili e sottomessi, spesso su aspetti pretestuosi
  • Pettegolezzi e voci negative, anche non veritiere, e soprattutto fatte circolare in modo da screditare la professionalità 
  • Valutazioni non eque e preferenze accordate a persone meno meritevoli 
  • Sanzioni amministrative o disciplinari ingiuste o eccessive 

Le più significative ricerche sul mobbing hanno evidenziato sei fasi, in genere  ricorrenti, di progressivo sviluppo negativo e aggravamento del fenomeno, ovvero:

1. A volte, a monte  c’è una situazione di ritardo o di difficoltà nel lavoro di una persona che, anziché essere aiutata o sostenuta, viene identificata come possibile vittima di un processo di mobbing.

2. Iniziano le prime azioni di emarginazione o ostilità verso il mobbizzato, che comincia a provare sensazioni di disagio e fastidio.

3. Emergono i primi sintomi, spesso di tipo psicosomatico (insonnia, disturbi digestivi, emicrania etc), connessi a stati di ansia e scarsa autostima.

4. Nella quarta fase avviene spesso che la Direzione del Personale nota il fenomeno, ma lo interpreta “biasimando la vittima”, cioè attribuendo al mobbizzato tutta la responsabilità dei suoi comportamenti di scarsa produttività lavorativa o di scarsa motivazione e utilizzando modalità di richiamo o sanzione anziché approfondire tutte le possibili cause  e strategie di soluzione

5. La salute psicofisica della persona continua a peggiorare, si aggravano i disturbi emozionali, psicosomatici o comportamentali. Talvolta, i sintomi si evolvono fino a determinare forme depressive più o meno gravi.

6. Se non si riesce a fermare il processo di mobbing, l’esito ultimo rischia di essere l’esclusione della persona dal posto di lavoro, tramite dimissioni, licenziamento, prepensionamento e contemporaneamente ulteriore aggravamento dello stato psicologico, che può indurre vissuti paranoici, sviluppo di manie ossessive, possibili tendenze suicide o al contrario fortemente aggressive e vendicative.